L’Orto Botanico di Ferrara nel 2021 compie 250 anni!
Come vorrei poter tornare a visitarlo, passare qualche ora seduta su una sua panchina in compagnia di un buon libro, riposare lo sguardo sul verde e respirare i profumi delle fioriture primaverili.
Al momento non è possibile, allora ho pensato di esplorare un po’ il rapporto tra acqua e piante con questo articolo, partecipando così al concorso creativo.
250 anni dell’Orto Botanico di Ferrara: partecipa anche tu al concorso!
In occasione del suo 250° Anniversario, l’Orto Botanico di Ferrara ha indetto il Concorso: “1771-2021 Orto Botanico di Ferrara in festa. Partecipo anch’io”. Può partecipare chiunque, gratuitamente, attraverso l’ideazione e la realizzazione di un elaborato creativo che esprima, con la massima libertà espressiva, la visione personale di fantasia nel comunicare come ciascuno interpreta l’Orto Botanico: “L’Orto Botanico per me è…”.
Informazioni e regolamento A QUESTO LINK.
Acqua e piante
“L’acqua è indispensabile per la vita delle piante: serve per far circolare il nutrimento e per mantenere attive le funzioni vitali delle cellule, permettendone la riproduzione e la crescita.”
(http://archivio.torinoscienza.it/dossier/le_piante_e_l_acqua_3597.html)
Tutti abbiamo avuto qualche pianta di appartamento e ci sarà capitato di commettere qualche omicidio involontario! Le due tipologie di delitto più frequenti sono certamente: per privazione d’acqua e per annegamento! 😉
Proviamo ad esplorare i diversi tipi di piante in relazione al loro rapporto con l’acqua, prendendo come esempio alcune delle piante dell’Orto Botanico di Ferrara: immaginando di scorrere un cursore da “molta acqua” a “pochissima acqua”, andiamo a conoscere le piante acquatiche, quelle delle zone umide, le epifite e carnivore, le piante grasse, sino ad arrivare alle cosiddette piante della resurrezione!
Piante acquatiche
Le piante acquatiche (o idrofite) vivono letteralmente in acqua: nell’Orto Botanico di Ferrara ce ne sono numerose, sia della flora spontanea, che tropicale.
Nella vasca piccola c’è la ninfea bianca (Nymphaea alba), diffusa nelle acque dolci di Europa, Nord Africa e Asia; è una specie rara della flora del Ferrarese, oggi presente solo nelle valli di Argenta, mentre ai primi del ‘900 era diffusissima nei canali di tutta la provincia.
Poi c’è il cosiddetto “nannufaro”, ossia la ninfea gialla (Nuphar lutea), una pianta acquatica perenne della famiglia Nymphaeaceae, con un ampio areale eurasiatico. Ma anche il quadrifoglio acquatico (Marsilea quadrifolia L.), una felce acquatica perenne appartenente alla famiglia delle Marsileaceae, diffusa nell’emisfero boreale, purtroppo scomparsa dalla provincia di Ferrara e in quasi tutta la regione.
Nella vasca grande (quella con le tartarughe!) ci sono le ninfee tropicali ed il fior di loto. Le ninfee tropicali provengono da Australia, Estremo Oriente, Africa, e Sud America, dove popolano le acque stagnanti e i corsi d’acqua a flusso lento. I fiori, di vari colori (persino il blu!), si alzano sul pelo dell’acqua di circa venti centimetri e sono prodotti in gran quantità. Le foglie sono grandi e decorative, perché sovente sono colorate, venate di porpora e dentellate sui bordi.
Il fior di loto (Nelumbo) può essere di due specie: Nelumbo nucifera, originaria dell’Asia e dell’Australia, a crescita rapidissima, tipica di stagni e invasi con acque stagnanti o quasi prive di corrente, profondi da 5 cm fino a 3 m; Nelumbo lutea, originaria dell’America centro-meridionale, ma coltivata anche nel Nord America da tempo immemorabile dai nativi per il consumo alimentare dei semi e dei rizomi.
Ma come si distinguono le ninfee dai fior di loto? Le ninfee hanno fiori e soprattutto foglie più piccole del fior di loto; le foglie del loto sono estremamente idrorepellenti e si mantengono sempre pulite, al di fuori del pelo dell’acqua, mentre le foglie delle ninfee spesso sono parzialmente o completamente sommerse; la capsula dei semi del fior di loto è usata nelle composizioni floreali, ha una forma caratteristica e riconoscibile.
Piante delle zone umide
Ai bordi delle vasche sono presenti alcune piante che vivono nelle zone umide, tra cui spicca per importanza il cipresso delle paludi o cipresso calvo (Taxodium distichum L.), un albero delle Cupressacee, nativo degli Stati Uniti sudorientali.
In North Carolina (U.S.A.), vicino a Wilmington, nelle zone umide del Black River esistono antiche foreste di cipressi delle paludi, dove diversi esemplari vantano un’età che supera i 2000 anni ed un esemplare in particolare 2624 anni! Non solo sono tra i più antichi alberi conosciuti nell’America del Nord e tra le più antiche specie di alberi delle zone umide del mondo, ma sono anche maestosi e spettacolari, come si può vedere in questo video.
Piante epifite e carnivore
Le piante epifite (o piante aeree) in natura vivono su altre piante, di solito usate come semplice sostegno e non per procurarsi il nutrimento: vivono prevalentemente sui tronchi o sui rami degli alberi, soprattutto nelle foreste tropicali e subtropicali. Hanno la capacità di incamerare l’acqua presente nell’umidità atmosferica dei climi tropicali. Tra le più famose sicuramente troviamo le orchidee e le bromeliacee, per noi piante decorative da appartamento.
Piante grasse (cactacee e succulente)
È risaputo che le piante grasse temono l’acqua eccessiva. Nel loro habitat naturale il clima è secco e le piogge sono rare: quindi, per sopravvivere, hanno sviluppato una struttura ad elevata capacità di immagazzinare e trattenere l’acqua, che le rende però incapaci di disfarsi dell’acqua in eccesso.
Per evitare l’eccessiva evapotraspirazione hanno messo in atto diversi adattamenti: le foglie si sono trasformate in spine, gli stomi sono infossati e protetti da peli, molte hanno modificato il loro metabolismo aprendo gli stomi di notte per la cattura dell’anidride carbonica a discapito di una crescita più lenta. I tessuti vegetali si sono trasformati in veri e propri organi di riserva dell’acqua.
Piante non “imparentate” direttamente tra loro, attuando le stesse strategie di adattamento, hanno sviluppato storie evolutive simili, e raggiunto spesso morfologie simili (il cosiddetto processo di “convergenza evolutiva”).
Piante della resurrezione
Gli adattamenti estremi sono attuati dalle resurrection plant, come Selaginella lepidophylla, originaria del deserto di Chihuahua, che si estende tra gli Stati Uniti e il Messico.
E’ chiamata pianta della resurrezione, perché in assenza di umidità si secca completamente, disattivando i processi di fotosintesi e crescita, per poi riattivarli quando si reidrata, tornando metabolicamente attiva. Affascinante, no?
Acqua di irrigazione
Acqua e piante hanno un rapporto molto speciale e molto variabile. E non abbiamo parlato della qualità dell’acqua, che può variare molto in funzione del suo contenuto salino.
L’Orto Botanico di Ferrara per l’annaffiatura delle piante nelle serre utilizza acqua piovana, che viene raccolta dentro una cisterna.
Molte piante, tra cui le epifite e le carnivore, devono infatti essere annaffiate con acqua poco mineralizzata, cioè a bassa salinità: può essere acqua distillata (come la condensa del condizionatore), o acqua piovana, che è naturalmente distillata. L’acqua di rubinetto, invece, ha un contenuto salino, variabile in funzione della provenienza delle acque (fiume o acque sotterranee): questa mineralizzazione è fondamentale per il consumo umano, perché bere acqua distillata sarebbe dannoso per il nostro corpo!
Ringraziamenti
Per questo articolo voglio ringraziare:
– una cara amica che, pur volendo rimanere anonima, mi ha dato spunti sull’argomento, aiutandomi con la revisione dei contenuti scientifici ed ispirandomi con la sua energica e travolgente passione per il mondo vegetale;
– un’altra cara amica, che mi ha fornito alcune sue fotografie per l’articolo;
– l’Orto Botanico di Ferrara per le fotografie di pubblico dominio scaricabili dalla pagina web (quelle con citazione e web link).
Risorse web
- Orto Botanico di Ferrara
- 250° anniversario dell’Orto Botanico di Ferrara
- Orto Botanico d’Italia: il portale degli orti botanici italiani